Alla fine son tornato. Ammetto di aver avuto un po’ di strizza negli ultimi giorni e per il viaggio di ritorno ma alla fine e’ andato tutto bene. La strizza e’ nata dal fatto che siamo in un periodo difficile, ricco di tensioni che sfociano spesso in episodi di violenza.
Istanbul ne ha pagato le conseguenze negli ultimi mesi. C’e’ stato un grave attentato al Gran Bazaar ad aprile se non sbaglio, ma c’e’ stato anche un attentato un paio di giorni prima del mio arrivo. Una bomba e’ scoppiata a Sultanahmet ovvero nel centro della zona turistica, ma non ci sono stati feriti. Solo un po’ di spavento. Questo e’ il clima con cui ho visitato Istanbul. Tanti poliziotti in giro armati con mitraglietta. Una presenza discreta, poco visibile, ma costante. Ammetto che la cosa un po’ mi ha tenuto in tensione specialmente quando sono stato al Bazaar. Oltretutto ti trovi in corridoi stretti e con tanta gente intorno… un vero toccasana per uno claustrofobico come me.
Alla fine ovviamente le cose si vivono con una sorta di rassegnazione… se tocca tocca o come si dice a Roma a chi tocca non si ingrugna però il tarlo rimane… e ogni tanto si ripresenta.
In particolare all’aereoporto per il viaggio di ritorno. La fortuna ha voluto che il giorno in cui sono tornato era anche il giorno in cui i presunti terroristi, arrestati a Londra una settimana fa, avevano intenzione di agire. Nel frattempo l’Italia aveva anche dichiarato che avrebbe guidato il contingente delle truppe ONU in Libano…Insomma i presupposti ci stavano tutti.
L’aereoporto di Istanbul mi è sembrato comunque molto ben organizzato. Prima di entrare dentro l’aereoporto devi fare un controllo al metal detector. Poi dopo il check in c’è un altro controllo dei documenti e alla fine prima di imbarcarti ti fanno fare un altro giro, direttamente al gate, con il metal detector. Insomma molto controllato. L’ansia però persiste e ogni tanto si manifesta. Ad esempio dopo aver fatto un giro nel duty free ho individuato in lontananza uno Starbuck ed ho deciso di concedermi un bel muffin e un cappuccino decente. Mi sono presentato al banco ho fatto le ordinazioni ho ritirato la mia colazione/pranzo e poi sono andato ad accomodarmi su una delle comode poltrone. A quel punto ho notato di traverso dietro un’altra poltrona un borsone abbandonato. E sono suonati 50 campanellini d’allarme nella mia testa. Chi è il proprietario ? E’ messo dietro una poltrona in modo che dal banco dello Starbuck nessuno lo veda ? Starbuck è una multinazionale americana e quindi è un possibile obiettivo di un attentato ? Insomma il cervello forse anche a causa del caldo e della stanchezza ha iniziato a mulinare. Conscio che magari si trattava di una mia paranoia da stress ho evitato di chiamare le truppe speciali. Magari su quella poltrona di spalle c’era seduto un nano o magari la persona era semplicemente andata un attimo al bagno. Devo dire però che si è trattato del muffin più veloce della mia vita. La cosa triste di cui mi sono reso conto a distanza di qualche giorno è che questa è una paura indotta. Indotta dai continui allarmi che riceviamo dai mezzi d’informazione. Allarmi spesso ingiustificati usati ad arte per manipolare l’opinone pubblica. Mi ricorda un po’ alcune sequenza di Bowling a Columbine di Michael Moore in cui si fa vedere come il martellare dei mezzi di informazione sui pericoli alla sicurezza abbia portato gli americani, a differenza dei loro vicini canadesi, ad essere paranoici, ad avere tutti un’arma in casa e a pensare che sia sempre una persona di colore ad aver commeso un reato…
Comunque alla fine tra tanti pensieri son tornato